Intervento del Prof. Roberto Bizzarri - Videoconferenza del 30 aprile 2020
Il punto non è quanto durerà la quarantena. O quanti altri DPCM ci propinerà l’Avvocato del Popolo, ognuno dei quali pieno di fantastiliardi di euro. O delle autocertificazioni per poter fare pipì o altro. O quanti pensionati con cane al seguito verranno inseguiti su spiagge deserte da droni, elicotteri e NOCS.
No. Il vero problema è che qualunque cosa avverrà “dopo” è e sarà funzione di quanto è già avvenuto “prima”.
E questo problema ha un nome ben preciso: si chiama liquidità, danaro, sterco del demonio. Proprio lui. Ce ne vorrà molto, vagonate. Ma non ce ne sarà, neanche per fare la spesa.
Il “prima” ha natali lontani. Verrebbe da pensare addirittura all’Unificazione, ma sarebbe davvero troppo! Anche se – si dice... – che buona parte dell’oro in pancia a Bankitalia (abbiamo le 4° riserve auree del mondo) abbia un lieve accento napoletano, vista la provenienza proprio dai forzieri della Banca del Re Borbone, alleggerita da disinvolti garibaldini (ma in piena legittimità di guerra... dicono). Ma sto andando fuori tema.
Il “prima” è più recente, forse. Deriva del divorzio Tesoro/Bankitalia ordito a febbraio ’81. Un tal Ministro Beniamino Andreatta con l’assenso complice dell’allora Governatore, il futuro “salvatore della patria”, Carlo Azelio Ciampi, fecero finta di litigare e alla fine l’uno scrisse all’altro che Banca d’Italia non sarebbe stata più obbligata a comprare i titoli di Stato Italiani, svincolandosi al contempo dalle indicazioni dell’Istituto in ordine alla politica monetaria (tassi, cambi etc.). Il Ministero del Tesoro sciolse il sodalizio da un rigido controllore. Il controllore ne fu felice. Gli italiani meno.
In realtà i due di cui sopra erano d’accordo su tutto. Sapevano perfettamente gli effetti che tale rivoluzione avrebbe comportato. E, sicuramente – da tecnici della materia – non era difficile prevedere che l’ondata di moneta (e quindi di debito) sarebbe aumentata a dismisura. Senza più gli inviti alla prudenza ed al contenimento di massa monetaria con tutta la sua potenzialità inflattiva, perentoriamente inoltrati dall’Istituto Centrale alle cicalone ministeriali.
Ai tempi il rapporto debito/PIL era intorno al 60%. Banca d’Italia proseguì a comprare “debito” pur non essendone più “comandata” dal Ministero competente, anzi facilitò l’incremento esponenziale del debito, tenuto conto che un’istituzione di enorme prestigio internazionale come Bankit, “garantiva” la solidità degli asset acquisiti e gli operatori del mercato finanziario di allora vedevano ottimi guadagni (i tassi di rendimento dei BOT e CCT erano a due cifre) e idonea solidità nei fondamentali nazionali (bassa disoccupazione, PIL in costante crescita, relativa stabilità politica) pur in presenza di un’alta inflazione.
Da qui la conferma che Andreatta e Ciampi fossero d’accordo ab initio. Dopo quasi 40 anni – tenuto conto come siamo messi ora con BCE e con il debito pubblico di oltre 2.400 mld – viene da pensare che la loro fu solo una commedia recitata con i soldi degli italiani, a tutto favore, anche se allora sembrava positivo e di là da venire, della futura unificazione monetaria europea, che per noi fu, è e sarà lacrime e sangue.
Infatti già dal 1979 l’Italia era parte dello SME (Sistema Monetario Europeo) che regolava i rapporti di cambio tra le bizzose monete nazionali degli stati aderenti a tale accordo. La liretta faceva fatica a restare agganciata al panzer marco “tetesco” e si difendeva con assidue (e provvidenziali) “svalutazioni competitive”, per continuare a piazzare all’estero i nostri prodotti, facendo venire l’ulcera ai teutonici. La “moneta unica” si chiamava ECU (European Currency Unit) che – guarda la coincidenza! – aveva un concambio (per 1 ECU) con la lira a 1.936,27! Per gli smemorati: lo stesso concambio che il Genio Prodi da Presidente del Consiglio ed il “salvatore” Ciampi da Capo dello Stato, contrattarono anni dopo per entrare nella trappola dell’Euro.
In quel lontano periodo l’inflazione era al 20% grazie ad un dissennato accordo del 1975 tra la “triplice” sindacale e i loro protettori politici, che legava qualunque incremento dei prezzi ad un contestuale incremento dei salari. Pertanto la base monetaria (vale a dire la liquidità di cui sopra...) tendeva a crescere a dismisura. Anche la domanda di credito era altissima, alimentata dalla certezza che il rimborso sarebbe avvenuto a costo ridotto (del 20% appunto...). Vero è che i tassi di interesse di allora erano a due cifre vicino al 20%, ma il “sistema” sopravviveva e si espandeva, anche perché tutte le principali banche nazionali erano controllate dal Tesoro direttamente ovvero dall’IRI e il PIL cresceva a valori robusti.
A quei tempi, a livello parlamentare, da noi imperava il c.d. “arco costituzionale”. Composto dal centro-sinistra schierato lancia in resta a favore dell’Europa. Anche l’opposizione di destra era a favore, con diversi distinguo di natura più nazionalistica (federazione anziché regionalizzazione, etc.).
I più – anche in altre nazioni big, tipo Francia e Germania – pensavano ad una integrazione non più soltanto legata ad accordi bilaterali o multilaterali (SME, MEC, CECA, EURATOM) ma di natura politica, monetaria, fiscale: insomma si pensava agli Stati Uniti d’Europa. Dopo secoli di guerre, tutti contro tutti, era arrivato il momento di seppellire le varie asce e vivere in pace e prosperità.
Nobilissimo proposito. Sogno di filosofi, poeti, pensatori, politici illuminati e ... banchieri!
Ma fu l’inizio della fine. Vennero altri trattati e si provò ad approvare una costituzione comunitaria, sonoramente bocciata da tutti gli stati, con o senza referendum interni. Ma l’unione monetaria andava fatta, senza se e senza ma.
I poteri veri, la grande finanza internazionale, i poteri forti, il deep state del Mondo avevano iniziato ad assaporare l’osso della ricchezza europea. Avviò le esche, mise burattini, comprò i media. Quell’osso non lo avrebbe più mollato.
Da quel momento in poi è stato un crescendo di “cessioni di sovranità”. Con l’avvento dell’Euro e della BCE gli stati aderenti (giammai l’oculata Albione che, recentemente, ha dato il benservito alla UE) hanno delegato alla Commissione Europea ed a tutti i burocrati autoeletti, la politica monetaria, di bilancio e di rispetto di regole astruse (3%, rapporto deficit/PIL, pareggio di bilancio in costituzione, e via dicendo...). Lasciando agli stati la sola leva fiscale.
Le politiche comunitarie di sostegno, coesione ed integrazione nel nostro caso non hanno dato benefici al sistema economico, lo hanno devastato. Sono stati impediti aiuti di stato (nazionale o europeo) ai nostri settori portanti (automobilistico, agroindustriale con quote latte assurde, cantieristica navale, chimica, bancario e molto altri) in nome di un non ben definito principio di “non alterare il libero mercato”. Principio sacrosanto in uno Stato ma un’aberrazione macro-economica in 27 nazioni diverse su tutto. Con deroghe, guarda caso, ad hoc per Germania, Francia e poche altre nazioni. Loro possono dare aiuti di stato (vedi banche tedesche ed agricoltori francesi) noi no. Per noi fioccano multe, sanzioni, reprimende. In ginocchio sui ceci, difronte la lavagna!
Queste politiche infami e la loro pedissequa accettazione da parte dei nostri rappresentanti politici supini e proni ai diktat EU, magari in cambio di prebende personali (il Genio Prodi è stato Presidente della Commissione Europea, Draghi è stato l’artefice delle privatizzazioni e poi Presidente BCE, e cosi via...) hanno portato alla disgregazione della nostra economia, alla svendita di interi comparti essenziali alle sinergie operative di un “sistema paese” che non è mai nato.
Gli accordi economici con gli altri player del mondo (Cina, Russia, Mondo Arabo, Giappone, USA) sono stati presi da sempre e anche di recente One-to-One da ciascuna nazione. Noi no. Sempre ligi al compito di Merkel, Junker (tra una grappa e l’altra) Macron adesso Sarkozy prima, oltre a sconosciuti ed impronunciabili nomi di olandesi, finlandesi, belgi e polacchi. Tutti con la bacchetta in mano, col ditino puntato sugli italiani scialacquatori, mafiosi, pizzaioli.
Siamo il Sud Europa, più ricchi dei greci depredati dalla troika con il MES (il cui relatore finale, è bene ricordarlo, fu l’attuale ministro dell’economia Gualtieri) ma meno degli spagnoli e dei portoghesi.
Siamo le nazioni che formano i PIGS (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna) che in inglese vuol dire maiali (di cui, notoriamente, al macello non si butta niente). L’attesa per le parti più pregiate del suino italico è quasi terminata. L’altro ieri Fitch, l’agenzia di rating che insieme alle altre valuta la salute del “sistema Italia” e quindi il grado di affidabilità nel rimborso del nostro debito, pertanto ne condiziona fortemente il costo di sottoscrizione, ha valutato il nostri titoli BBB-.
Tradotto: siamo un gradino sopra la valutazione “junk bond” vale a dire “titoli spazzatura”. Il Ministro dell’Economia ha prontamente replicato che il nostro sistema paese è solido. Forse pensando che è venuta l’ora della sua adorata creatura MES e dell’accettazione dello squarto del maiale italico.
Volendo pensare male, anche se spesso ci si azzecca come diceva il mai-più-rimpiazzato Giulio Andreotti, si può immaginare per lui, lo storico prestato all’economia, un radioso percorso nelle illiberali istituzioni europee, avendo eseguito a puntino il compito assegnatogli dalla Lagarde.
Si proprio lei, quella simpaticona che ha impostato e posto in essere il default dell’Argentina e partecipato allo spolpamento della Grecia come ex presidente del Fondo Monetario Internazionale.
Anche lo storico Gualtieri – suo degno ascaro – non è da meno: tempo fa affermò in televisione che le elezioni democratiche sono praticamente inutili, visto che sia Hitler che Mussolini a fronte di libere elezioni ebbero maggioranze bulgare. Un interessante point of view che riprende integralmente uno schizzo di radiosa intelligenza – sempre via etere nei canali a senso unico del pensiero unico – soavemente diffuso da una tal Alba Parietti, ex soubrette di bella presenza che ancora oggi desta plastica impressione, in cui affermava che il suffragio universale (non siamo certi della sua conoscenza del termine suffragio, ma prestiamo fede che ce l’abbia) doveva essere riservato a persone dotate di cultura, istruzione e conoscenza. Gli ignoranti, i poveri e tutti gli altri umani (gli altri chi? forse tutti quelli senza Rolex, ville a Capalbio e attico ai Parioli?) a suo parere “sporcano” le votazioni. Le inquinano della loro puzza, della loro ignoranza e non fanno fare il giusto lavoro alle elites illuminate a lei tanto care. Insomma bisogna riservare e tramandare il governo come una sorta di ius divinum naturale. Un pensiero degno di attenzione, soprattutto se si considera la provenienza da cotanta intelligenza, che, siamo certi, essere stato l’unico e preponderante fattore con cui “l’opinionista” si è fatta strada nella vita.
L’Italia contribuisce a questa follia europea (coesione, integrazione, immigrazione, MES ed altro) per decine di miliardi all’anno (circa 40). La UE “ritorna” con valori risibili e quando concede contributi noi, grazie ai geni burocrati nostrani, non siamo in grado di spenderli nei tempi previsti per il 90% dei casi. E li dobbiamo restituire. Il Codice degli Appalti inventato da un giudice noto principalmente per la sua fotogenia e meno per la pubblicazioni di manuali di diritto, le nostre 160mila leggi da applicare contro le 6mila tedesche e 10mila francesi sono il frutto di decenni di burocrazia bizantina, inutile, infame, dannosa, liberticida, tafazziana (mi perdoni lo Zingarelli!)
Ma torniamo al tema iniziale: la mancanza di liquidità del “dopo”. Il dopo che è arrivato, è domani.
La BCE compra i nostri titoli e tiene in vita con l’ossigeno la finanza pubblica: su un fabbisogno di spesa per cassa complessivo nel 2020 di 907 mld la quota di copertura rappresentata da emissioni di titoli di debito pubblico è di 363 mld. Un terzo. Le altre entrate dello stato sono le imposte.
Ovviamente tali titoli non sono comprati tutti dalla BCE, che si riserva di usare il bazooka, quindi di comprare titoli “quando è necessario, senza limiti”, che sarebbe il whatever it takes coniato da Draghi ai tempi della sua presidenza BCE. Principio che fece impennare il prezzo dei farmaci antigastrite in Germania e Olanda.
Il nostro PIL nel 2020 (ante covid-19) è previsto per 1.817 mld. Sempre nel 2020 scadono titoli del debito pubblico e vanno rinnovati per 235 mld a cui si aggiungono interessi da pagare sul debito per 77 mld: totale 312 mld di uscite. Ergo serve emettere titoli per 363 mld (i 51 mld in più di maggior debito è la copertura del deficit 2020 del bilancio dello stato).
Tutto questo è a pagina 1 della Legge Finanziaria 2020.
Il debito pubblico, quindi, continua ad aumentare a botte di 30/40/50 mld all’anno. Grazie alla gestione dissennata di cui sopra.
E alla fine di gennaio arriva il covid-19. Nel Mondo ed anche in Europa. Tutto si ferma per 3/6 mesi. Tutti gli Stati UE chiedono aiuti finanziari a mamma BCE, un sostegno alle previste maggiori richieste di sottoscrizione dei rispettivi debiti sovrani, per non far lievitare i rendimenti.
I rendimenti sono misurati con il famigerato spread, che misura quando siamo meno bravi dei tedeschi che emettono titoli a tasso negativo.
Le richieste degli stati sono finalizzate a sostenere i costi del rallentamento delle economie continentali pari a circa il 10%. Per noi tale valore è stimato al 20%, che rispetto ai 1.817mld del PIL previsto, vale 363 mld. In meno.
La domanda sorge spontanea: chi pagherà questa bolletta medica, il nostro conto del dottore per la malattia covid-19? La BCE? E’ mai pensabile che ai 363mld di cui sopra se ne possano aggiungere altri 363 per sostenere il mancato PIL?
Le altre nazioni europee si sono mosse subito e bene. In Germania sono stati accreditati in tempo reale 15mila euro a tutte le micro e piccole imprese. Gratis. A fondo perduto. E sono previsti interventi complessivi tra fondo perduto e prestiti agevolati per circa 1.500mld. Il loro lock-down è stato limitato e ad oggi hanno riaperto quasi tutte le attività. Le altre nazioni UE sono sulla stessa onda tedesca. Noi no. Prevista un’elemosina di 600€ (totale per tre mesi!) per le vituperate partite IVA. Con una complessità burocratica ed informatica imbarazzante. Previsti anche 450mld di prestiti bancari garantiti dallo stato. Procedure ancora più imbarazzanti e banche che hanno colto l’occasione per garantirsi pregresse linee di credito con questo sistema. L’Europa dei banchieri...
La Commissione e l’Eurogruppo balbettano e posticipano decisioni. MES pronto. Apparentemente senza condizionalità. Ma sono 36mld. Ne servono 363. Di cosa stiamo parlando?
Unica via: serve modificare temporaneamente lo statuto BCE e consentire di stampare euro senza debito. Come se fosse una banca nazionale. E consegnare questa liquidità ai singoli stati, in proporzione e misura da stabilire. Hanno fatto così gli USA per oltre 2.500 mld $, il Giappone e tutti gli stati che hanno una banca centrale in grado di “battere moneta al costo della stampa”; iniziano a dirlo anche personaggi di vaglia come il governatore della banca centrale francese ed altri economisti premi Nobel.
In Europa il rischio inflazione derivante da tale procedura è inesistente, stante la fase ciclica recessiva che perdura da anni, con buona pace dei falchi tedeschi ed olandesi, che hanno da tempo adocchiato le parti migliori del maiale Italia e pertanto la loro (sicura) opposizione non è credibile.
All’Italia servono oltre 300mld di liquidità da mettere in circolo subito. Anche con emissione di BOT patriottici, con la procedura indicata dall’ex ministro Tremonti, emessi sempre tramite BCE ma riservati agli italiani.
Serve anche un condono fiscale tombale per le imposte ed i contributi non versati nei 90 giorni di chiusura (marzo/maggio). Non la loro semplice sospensione.
I BOT patriottici rappresenterebbero una partita di giro all’interno del sistema Italia: famiglie, imprese e banche nazionali smobilizzerebbero parte dei loro risparmi (complessivamente ad oggi per circa 4.000 mld) e con tale liquidità sottoscriverebbero titoli di stato esentasse (dirette e di successione) e con buoni rendimenti; di fatto si tratterebbe di riconvertire il loro risparmio in un finanziamento allo stato italiano. Vero è che il debito statale aumenterebbe (250/300 mld potrebbero bastare nel 2020) ma si tratterebbe di debito esclusivamente interno, senza essere legato a spread ed ai capricci delle agenzie di rating e degli speculatori internazionali (sempre quelli già con i coltelli in mano pronti per il banchetto sul maiale Italia). Attualmente il debito complessivo dell’Italia è detenuto da residenti in Italia (persone fisiche, banche ed imprese) per circa 2/3.
Sarebbe una situazione simile a quanto avviene in Giappone – che ha il debito pubblico pari a 2,5 volte il PIL (da noi 1,34 volte) – dove tale debito è detenuto al 95% da giapponesi ed ad ogni rimborso i giapponesi acquisiscono liquidità che resta all’interno ed alimenta l’economia, sostenendo in parte anche il rinnovo del debito. Un circolo virtuoso.
In mancanza dell’immissione di tale liquidità e della emanazione del condono fiscale tombale, il rischio è la desertificazione economica totale, il mancato pagamento di pensioni e stipendi della pubblica amministrazione (se non ci sono fatturati non ci possono essere imposte da versare pertanto il gettito fiscale 2020 di 600mld è a rischio per il 20% ugualmente).
Ma il rischio più grande è di natura sociale: la probabile rivolta “del pane” soprattutto al sud, dove la liquidità è guadagnata giornalmente, spesso in nero, ed è la risorsa primaria per moltissime famiglie e altrettante micro imprese. Parliamo di milioni di persone. I “non garantiti”.
Sono in difficolta tutte le persone diverse dai burocrati nazionali, dai dipendenti pubblici e privati delle grandi aziende che hanno la cassa integrazione, delle banche, i pensionati, i detentori della buffonata del reddito di cittadinanza: tutte categorie che alla fine del mese percepiscono lo stipendio, con il covid-19 o senza il covid-19. Gli altri no. E sono molti di più di quanti lo storico Gualtieri possa immaginare. Ma lui pensa che tutti i detentori di partita IVA siano evasori a prescindere, che bisognerebbe spremerli con una bella patrimoniale del 20% sui depositi bancari, e che hanno risparmi in nero sotto al materasso e quindi non devono rompere i coglioni più di tanto! Potenza del pensiero storico!
Questi incompetenti che hanno attualmente (e speriamo ancora per poco) le leve di controllo finanziario ed economico non hanno capito la reale portata della situazione. La sua esplosività prossima ventura.
La loro palese incapacità, unita ad una strafottenza infinita, ad assoluta ignavia e completa approssimazione, ne segnerà sicuramente la fine politica e in molti casi l’accusa di tradimento della Costituzione e di molte altre leggi.
Per auto-assolversi non basterà un’autocertificazione.
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