Oltre all’Autore saranno presenti l'On. Marcello De Angelis, Deputato – Direttore del “Secolo d’Italia” e del mensile “Area”, Roberta Di Casimirro regista Radio Uno RAI, Roberto Rosseti, giornalista RAI, On. Federico Guidi Presidente Commissione Bilancio Roma Capitale, Marco Perina Assessore alla Cultura del XX Municipio
Il libro
Un meraviglioso viaggio nel Mediterraneo tra storia e leggenda grazie alla preziosa penna di Pietrangelo Buttafuoco “Ci sono tre tipi di uomini – scriveva Platone –: i vivi, i morti e quelli che vanno per mare”. Scipione Cicala andava per mare. Ed è davvero una storia che andava raccontata, quella del nobile Scipione, nato in terra di Sicilia, in quella Messina, dove il padre, Visconte Cicala, abile mercante e temuto pirata, era celebrato ad ogni suo rientro dal mare, con lodi e cattolicissimi ringraziamenti al Signore Iddio per le fortune e i preziosi recuperati in mesi di navigazione, dovendo affrontare le temibili e leggendarie flotte del Sultano ottomano. Questa affascinante e coinvolgente storia, o per meglio dire “cunto”, l’antico racconto siciliano, viene regalato ai lettori dalla magica penna di Pietrangelo Buttafuoco nella sua ultima fatica letteraria, Il lupo e la luna (Bompiani, pp. 199 euro 18,00). Un lavoro che, se venisse confinato entro le frontiere convenzionali del romanzo storico, farebbe di certo torto all’Autore. Ché, pur intriso di storia, Il lupo e la luna è opera sconfinante nell’Alchemia, che percorre una via iniziatica di katabasis, la discesa agli inferi e la bianca purificazione, dove anche i passaggi romantici, a tratti, ricordano quelli di Dante Alighieri e dei Fedeli dell’Amore. Così, l’intreccio di storia e magia ci racconta di uno Scipione Cicala regalato al mare ancora giovinetto, presto rapito da un’incursione ottomana e incatenato alla nave come si conviene ai prigionieri ridotti in schiavitù e tradotto ad Oriente, verso un destino ignoto ed oscuro. Ed è qui che si compie un’autentica trasfigurazione: “Il ragazzo fu incatenato – scrive Buttafuoco – Affrontò il mare legato all’albero maestro. E così la trappola fu serrata intorno al lupo. Conobbe il vento, il sole e il sale”. Una tortura inflitta a colui che era destinato ad essere lupo. E solo il pianto liberatorio del giovane Scipione lo lavò di acqua purificatrice per trasformare il ragazzo in lupo, nel vivo ricordo di quel detto amorevole che suonava come una sentenza, pronunciato dalla nutrice di origini turche allo Scipione ancora bambinetto “Non devi avere paura del lupo, perché il lupo sei tu”. E Scipione, figlio di Visconte Cicala e di Donna Lucrezia, divenne Cicalazadè. Approdato in cattività in terra ottomana, si fa riconoscere dal Sultano, entrando nelle sue grazie e diventando presto il comandante dei suoi eserciti per terra e per mare. Un leggendario condottiero che, ormai da Rinnegato, diviene il fedele braccio armato di Solimano e il più feroce e acerrimo persecutore della cristianità. Ed è proprio la figura di Solimano, custode della Sublime Porta, infatti, a donare nuovamente a Cicalazadè il mare e con esso le mille avventure narrate nel “cunto” di Buttafuoco: le “piccole guerre sante” descritte dal Profeta, quelle combattute con uomini e armi contro gli Infedeli, e la “Grande Guerra”, el-jihadul–akbar, la battaglia più difficile quella dentro se stessi, la guerra dello Spirito. E Cicalazadè combatte questa guerra contro lo spirito non morto del Conte Vlad Tepes, il famigerato Dracula, l’impalatore di Ottomani. Ed così che il lupo nero, fedele compagno, vessillo e alter ego di Scipione diviene definitivamente un tutt’uno con Cicalazadè. Un lupo in cerca della sua luna che vorrà amare di amore profondo per raggiungere l’Unico. Una storia, quella raccontata ne Il lupo e la luna, cantata dall’immortalità artistica di Fabrizio de André nella sua Sinàn Capudàn Pascià, che ci riporta aromi e profumi dimenticati della Sicilia e della Turchia, accanto ad afrori di sangue e sofferenze appartenenti al linguaggio crudo della Verità. Un’opera che consente di vedere con occhi ottomani la décadence occidentale – già limpidamente evidenziata dall’Autore in Cabaret Voltaire – e di comprendere l’estatica bellezza dell’Oriente attraverso lo sguardo di un figlio dell’Occidente, per guardare all’Europa non più, e non solo, come alla Vaterland – alla Terra dei Padri – ma come alla Terra dei Figli. Un libro che regala al lettore una certezza e una speranza. La certezza è quella di trovarvi la conferma che Pietrangelo Buttafuoco è, indiscutibilmente, uno dei più visionari e irregolari scrittori contemporanei. La speranza è quella di immaginare un futuro di pace e armonia nel più bel continente del mondo, il “continente liquido”: il nostro splendido Mediterraneo. Recensione a cura di Daniele Lazzeri
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